Dopo esperienze di vita come viaggi, gare, cammini, persino il lavoro a volte, la gente pensa che vivrà soddisfatta per sempre. Quando si torna alla routine quotidiana e si prova desiderio di avventura o tristezza per la mancanza di adrenalina può accadere di andare in “depressione”.
Quando scendi dalla bici dopo chilometri di strada e inizi a camminare, c’è quell’attimo di smarrimento dove le tue gambe sono confuse su come muoversi sopra il terreno dopo aver girato per così tanto tempo sui pedali. Capita anche a te? Dopo aver percorso centinaia di km a piedi, c’è lo stesso attimo di smarrimento, ma è mentale, non fisico.
Quando ho concluso la mia avventura e sono tornata a casa, non sono stata in grado di abituarmi alla nuova realtà, a non camminare verso ovest ogni singolo giorno. Sono sprofondata in una tristezza silenziosa e solitaria che si è risollevata solo un anno dopo.
Ne ho parlato ma chi avevo intorno non poteva capire, non avendo provato la stessa scossa; così non ci ho più pensato e non ho fatto nulla a riguardo fino a quando non è finita, di colpo, di sua iniziativa. Ma quando si è fermata la furia che avevo dentro, ho iniziato a parlare chiaramente con me stessa, ed ora voglio farlo con te. Pronto?
Quando le nostre aspettative falliscono
Prima del Cammino, non sapevano che finire sarebbe stata una tale sfida.
Ho letto tante cose ma nessuno parla di depressione post escursione sul web, anche se tra i pellegrini se ne parla molto. Al contrario, ho sempre letto di cose belle, io stessa ho puntato a contenuti positivi (che ritengo più giusto), visto che si vive l’intero percorso sentendosi molto felici.
Ma quando ti avvicini al km 0, qualcosa non va.
I camminatori che ho conosciuto direttamente mi hanno raccontato di aver avuto reazioni diverse all’arrivo alla meta. C’è chi non ha sentito nulla, chi per qualche strano motivo si odiava per non saper come affrontare questa “fine”, chi ha pianto (e mi ci metto anche io, un gran pianto liberatorio), chi si è sentito realizzato in qualcosa e chi ha avuto altre belle sensazioni.
Le cose da lì vanno in caduta libera. E pensi già alla prossima escursione, spesso.
Non andare in cammino con l’aspettativa di un risultato. Lascia che sia.
L’intera bellezza del mettersi in gioco insegna come lasciare cadere qualsiasi barriera, insegna a perdere il controllo verso le cose materiali della vita. Così tante cose potrebbero andare storte: devi lasciar andare ciò che potrebbe essere o dovrebbe essere in quella situazione e accettare ciò che è (credo sia una citazione ma non ricordo l’autore, è solo un mantra che mi ripeto spesso).
Sono passati quasi 2 anni dal Cammino. Quando ho finito ho avuto tante speranze: stare a galla nella vecchia vita, guarire fisicamente, essere produttiva, fare carriera e accettare tutto questo. Ma non è quello che ho fatto.
Ho passato una enorme quantità di tempo vergognoso, conflittuale, immotivato, ho lasciato il lavoro e ho chiuso con amicizie sbagliate. Sono stata a terra anche se qui mostravo il lato migliore delle mie avventure, che ho continuato a vivere perché sarebbe stato come togliere l’ossigeno ai miei polmoni.
Dopo il Cammino, mi sono sentita incapace di reintegrarmi nella società. Era in netto contrasto con la mia esperienza sulla Via. Ricordo ad Astorga, la sensazione di non aver mai avuto una sequenza di giorni che fosse stata così chiaramente positiva. Dopo, motivarmi a lavorare in uno studio con luci al neon mi sembrava impossibile. Mi sentivo nel posto sbagliato, come se dovessi vendere una falsa immagine di me stessa e dei miei desideri, perché nessuno vuole come dipendente qualcuno che sogna tutto il giorno di non essere lì. Mi sentivo come se non appartenessi a nessuno.
Ho notato una mancanza di informazioni sugli aspetti negativi dopo un viaggio di questo tipo. Esiste estrema positività in internet e tra gli escursionisti. Se qualcuno arriva sulla bacheca di qualche gruppo Facebook sul Cammino e pubblica qualcosa di negativo, gli altri dicono “Hai fatto male tu, non incolpare il Cammino.” Sono tutti sprezzanti delle opinioni negative della gente.
Depressione post-cammino
Quindi, cosa succede esattamente? Sappiamo tutti che quando le persone hanno a che fare con la depressione, spesso soffrono per una sorta di perdita.
Camminare per 12 ore al giorno è una quantità di sforzo fisico difficile da replicare nella civiltà moderna. Quando terminiamo la camminata, perdiamo anche le endorfine a cui il cervello si è abituato; perdiamo il benessere che può derivare dalla compagnia di chi condivide il nostro scopo ogni giorno e a poco a poco perdiamo la sensazione di essere parte di qualcosa di più grande.
Segni da non sottovalutare
Come si può sapere se abbiamo un problema? Se una persona non vuole impegnarsi di nuovo nella sua vita, non vuole fare cose che in precedenza ha apprezzato, si sta isolando dalle persone, non vuole ottenere un lavoro, o se si sente giù, depressa o perennemente triste, è un campanello d’allarme.
Tu puoi scegliere se rimboccarti le maniche e prendere ciò che di buono il cammino ti ha insegnato, portandolo nel tuo quotidiano, oppure crogiolarti nella mancanza di qualcosa nel profondo, rassegnarti ad aspettare le prossime ferie o addirittura la pensione per ripetere l’esperienza ed entrare così in un circolo vizioso.
Attenzione, non dico che sia giusto accettare situazioni che facevano star male prima di partire, ma il Cammino così come ci chiama a sé ha poi da offre ciò di cui si ha bisogno in un dato momento. Sta solo a noi coglierne i frutti.
Cosa devi fare?
- Avere un piano post-cammino: suggerisco di avere un’idea di dove vivrai e lavorerai e di come sarà la tua routine al termine. È emozionante lasciare la vita di prima ma può anche essere un’esperienza molto negativa se non sai gestirla.
- Sii realistico: prepararti per il dolore è una grande idea. Se ti butti nell’esperienza sapendo che una volta che hai finito avrai un po’ di tristezza da superare, sarai in vantaggio.
Gli ultimi km li ho percorsi con Matteo e Francesca, eravamo un trio formidabile e cercavamo di darci conforto l’un l’altro sapendo che tutto volgeva al termine e avremmo dovuto presto salutarci. - Esercizio fisico: trovare altri mezzi di esercizio fisico è molto utile con la depressione in generale. E’ risaputo. Fare escursioni giornaliere o andare in palestra è una mossa vincente. Io non mi sono più fermata e continuo a camminare, camminare, camminare…
- Condividi l’esperienza: anche se le persone non possono o non vogliono capire, sii disposto a condividere l’esperienza. Puoi ricordare i bei tempi e rendere partecipi le persone che ti vogliono bene. Anche meglio, Incontra i pellegrini che hai nelle vicinanze: riescono a capire cosa stai passando. Sono partiti diversi amici per il Cammino dopo di me e una volta tornati mi hanno chiesto “ma si guarisce dalla Santiaghite?” Beh, sì. Solo che ci vuole del tempo 🙂
- Ci vuole gratitudine: essere tristi per lo stress della vita quotidiana è un tema comune tra gli escursionisti. Cerca di capire cos’hai di bello nella vita e prova ad esserne grato, ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso?
- Ricreare una routine: dare un senso alle giornate, avere uno scopo è davvero un buon modo per combattere la depressione. Cerca di dormire a sufficienza e coltiva buone abitudini.
L’illuminante parere di una lettrice pellegrina
La scorsa estate ho percorso il cammino francese e subito dopo quello inglese in 42 giorni di cammino. Ho perfettamente chiara la sensazione dentro di me di avere “le ali ai piedi”, di camminare a metri da terra, di leggerezza e fluidità. Ed ho anche perfettamente chiaro il senso di oppressione, smarrimento, difficoltà in seguito al ritorno alla vita di tutti i giorni. Non c’è “rimedio” secondo me, e non credo sia nemmeno utile cercare conforto o comprensione negli altri. Come si può spiegare questa “depressione” se non si è provata “l’estasi” del cammino? Credo che il ritorno a terra, anche se violento, sia un fatto fisiologico per una questione di equilibrio, dopo aver tanto volato. Durante il cammino si impara ben presto a trasformare la fatica fisica (che comunque è parecchia), a sublimarla. E, dopo un lungo allenamento, ci viene chiesto una volta ritornati a casa di fare lo stesso anche se in condizioni completamente diverse: rivedere e trasformare le cose che si fanno, la qualità dei rapporti e delle relazioni, ecc. Penso sia improprio parlare di “depressione”, non è un qualcosa di infido secondo me. E’ un aspetto inevitabile e complementare al cammino, è un altro stato di cose, più lento e denso forse, che richiede comunque la nostra energia, la stessa che si usa per fare 40 km al giorno.
Sara Caliari
Ti serve altro aiuto o solo un confronto?
Scrivimi un commento, qui sotto o nella pagina facebook ed insieme cercheremo di capire che succede, sarà un po’ come berci una Cerveca (virtuale) a fine tappa. Se non ti piace la birra non scrivermi nemmeno.
(Scherzo, però è inammissibile che non ti piaccia la birra, sappilo.)
Se trovi interessante questo articolo condividilo con i tuoi amici, trovi i pulsanti proprio qui sotto all’articolo. Ci ho messo 2 giorni a scriverlo, ma in 2 secondi dovresti riuscire a farmi un enorme regalo 🙂
Sghiral
Eccome se capisco. Mai fatto il Santiago ma ho le stesse sensazioni al ritorno anche per percorsi più brevi, tipo quelli in appennino. Parlarne con altri non serve a molto. Non si può che tenere e ringraziare questa che chiamerei malinconia, anziché depressione. Fino alprossimo giro. Sarà anche per questo che ultimamente ho aumentato il ritmo. Prima o poi scoppierò, ne sono certo…!!
Ultreia91
Io non sono ancora partito, sogno questo cammino da molti anni e finalmente tra maggio e giugno parto in solitaria; è inutile nascondervi che ogni volta che ascolto uno di questi racconti ho una morsa allo stomaco e i miei occhi diventano subito lucidi. Grazie a tutti per queste belle testimonianze e articoli!
Marika
Grazie a te e buoni passi!
Stefi
Ciao Marika,
non ho mai fatto il cammino ma conosco bene tutte le emozioni che hai descritto relativamente al ritorno alla “normalità”, perchè le provo ogni qualvolta torno da un viaggio: piccolo o lungo che sia lo affronto sempre in maniera totalizzante, come se volessi far parte non solo fisicamente ma anche emotivamente del luogo, del popolo, della cultura che sto scoprendo.
Premere lo switch sull’off quando si deve tornare, è dura.
Hai scritto delle cose molto profonde,
ed è la prima volta che le leggo on line.
Tra l’altro non conoscevo il tuo blog.
Di solito si esaltano solo gli aspetti “fighi” di un’esperienza, e ho apprezzato la tua capacità nel saper descrivere a 360 gradi cosa un viaggio puó rappresentare.
Grazie! 😊
Marika
Grazie a te, sono felice che hai capito il mio messaggio 🙂
Giovanni
Ciao Marika! Mi ritrovo in ogni parola che hai scritto. Da quando sono tornato dal cammino (7 mesi fa), non mi riconosco più. Sono completamente paralizzato e non so che fare. Prima di partire ero un ragazzo molto motivato, determinato nella vita, studiavo tantissimo e avevo ottimi risultati. Sapevo di vivere male e di trascurare tante altre cose. Sono partito proprio per scoprire me stesso e lati di me che non conoscevo. Tornato dal cammino, dopo due giorni mi sono trasferito all’estero, per fare un Master e proseguire i miei studi. Da quando sono qui non mi sono più ripreso. Forse ho sbagliato, non mi sono dato il giusto tempo per tornare alla normalità, e mi sono trovato in un contesto completamente nuovo.
La mia idea era di farlo anche per ripartire da zero, ed ero super positivo. Purtroppo però da quando sono qui sono spesso triste, studio poco, ho perso la determinazione di prima, e sono nostalgico. Mi sento imprigionato in una vita che non so più se è quella che voglio davvero. La prospettiva di stare chiuso in un ufficio, analizzare dati, mi fa mettere in dubbio tutto quello che ho fatto. Lasciare tutto mi sembra una follia. Ho fatto tanti sacrifici per arrivare fino a qui, e non vorrei buttare tutto all’aria.
Allo stesso tempo non voglio stare male.
Marika
Purtroppo sta solo a te scavare dentro e trovare la tua strada. Non arrenderti!
Claudio
Grazie per la tua risposta, e grazie per gli auguri. Spero davvero di trovare presto la via. Anche io mi sento felice come quando ero là, anche se la nostalgia c’è ancora. In cuor mio so che tornerò.
Al momento non sto vivendo nel passato, ho cambiato tante cose da allora. Dicendo che non so se voglio tornare a vivere come prima è proprio perché ora vivo in modo diverso, ma sono (tra virgolette) incompreso da chi mi sta intorno.
Dovrò proprio ragionare sul fatto che la vita è mia e basta… un po’ di sano egoismo ? e rinunciare a chi mi sta intorno senza capire cosa voglio.
Ciao e buona giornata.
Marika
Buon cammino caro Claudio!
Claudio
Sono capitato su questa pagina per caso, cercavo su Google tutt’altro.
Sono completamente sbalordito perché in ogni parola di quello che hai scritto, c’è la mia esperienza.
Ho perso mio padre nel novembre 2017, ho lasciato il lavoro ad ottobre 2018, poco dopo sono partito per il Cammino.
Ho vissuto giornate intense, pregne di significati e di avvenimenti che io ho voluto vedere come veri e propri “segni”, sono arrivato a Santiago il 24 novembre ed ho proseguito per Muxìa e poi Fisterra (non mi dilungo qui raccontando tutto quello che mi è venuto su in quei giorni e soprattutto il giorno in cui sono arrivato a Santiago, perché credo che chiunque abbia ascoltato la “voix de Compostelle” sa di cosa parlo), per poi ritornare a SJPDP ed infine a casa.
Da allora sono in preda a quello che tu hai descritto… continuamente deluso da tutti coloro che continuano a chiedermi solo e sempre se ho novità dal lavoro. A nessuno frega di cosa ho provato, vissuto e di come sto ora… ho tanta voglia di ripartire e di cambiare questa vita ma nonostante la forza e le risposte che il Cammino mi ha dato, in questo momento sono paralizzato nella quotidianità.
Condivdo il pensiero di chi, qui sopra, ha scritto: “E lungo il Cammino comprendi che il fine della vita non è il trovare,
ma il cercare o, meglio, il lasciarsi trovare”, vorrei aggiungere però che bisogna essere pronti a lasciarsi trovare, perché sul Cammino accade di essere trovati e bisogna essere pronti a capirlo ed a cogliere quel momento che ti cambia dentro, in profondità, per sempre… e tu torni a casa e ti senti un estraneo tra gli amici perché non sanno di cosa parli e pensano che sul Cammino ti sei bevuto o fumato qualcosa che ti ha fatto male…
Tu hai scritto che ci hai messo quasi un anno a risollevarti, il mio problema a questo punto è che non so se voglio “risollevarmi”, non so se voglio tornare a vivere come prima, in mezzo agli stereotipi e a gente che non fa neanche lo sforzo di provare a comprendere.
Ultreia.
Marika
Claudio, io ci ho messo un anno ma non ho mai detto che sono tornata alla vita di prima. Io ho radicalmente cambiato tutto il mio essere!
Il primo passo è stato smettere di vivere nei ricordi e cercare di portare il Cammino del mio presente. Come? Devi pensarci tu. La vita è una ed è la tua. Non ti sta bene? Devi cambiarla. Se vai avanti a vivere nel passato non riuscirai a stare bene.
Io oggi ringrazio gli insegnamenti del cammino ma mi sento felice esattamente come quando lo stavo percorrendo. Ti assicuro che non è impossibile e ti auguro di trovare la tua via, partendo da ora
Roberto
Ciao, io sono rientrato da 2 gg e devo dire di essere un pò travolto da questa specie di depressione post-cammino. Pensavo di avere più energia positiva al rientro, o almeno portarmi nella vita quotidiana le energia che avevo sul cammino…invece sono ancora travolto dal vuoto che avevo prima della partenza e questo mi spaventa
Marika
Non spaventarti, è normale. Questione di equilibrio : sei stato molto bene e ora c’è un vuoto. Devi solo imparare a trarre gli insegnamenti positivi e andare avanti un passo alla volta
Gianni Amerio
Ciao! Ho conosciuto il tuo ottimo blog proprio adesso, rimbalzato da Facebook sul tuo articolo sulla via del Sale (parto lunedì da Varzi per arrivare a Recco). Inevitabile curiosare qua e la e finire a leggere quanto affermi sulla patologia che affligge ogni reduce dal Cammino. Mi sono trovato in molte delle tue parole, e alcuni concetti li puoi trovare nelle poche righe che seguono, che concludono il libro in cui ho raccolto le mie riflessioni post-Cammino [hai dimenticato di dire che anche lo scrivere libri fa parte delle malattie prese sulla strada..!. ? ]. Grazie per avermi fatto pregustare quanto mi aspetta tra poco, e non intendo il salame di Varzi, i canestrelli di Torriglia o la focaccia di Recco!
Santiago, mercoledi 6 agosto 2014
Dopo tanti giorni di cammino ti chiedi
se questo sia veramente l’arrivo.
E in fondo al tuo cuore sai che non lo è.
Perché il Cammino non finisce.
Hai conosciuto tante persone lungo la strada,
e forse un po’ di più anche te stesso.
Ognuno è partito per i motivi più disparati,
coscienti o irrazionali;
ma in fondo tutti alla ricerca di Qualcosa.
E lungo il Cammino comprendi
che il fine della vita non è il trovare,
ma il cercare o, meglio, il lasciarsi trovare,
proprio nei nostri abissi più profondi.
Perché la verità non ci appartiene,
ma è la tensione verso essa
e il suo desiderio
che ci rendono veramente umani.
E forse persone migliori.
Anonimo
Ciao! Ho conosciuto il tuo ottimo blog proprio adesso, rimbalzato da Facebook sul tuo articolo sulla via del Sale (parto lunedì da Varzi per arrivare a Recco). Inevitabile curiosare qua e la e finire a leggere quanto affermi sulla patologia che affligge ogni reduce dal Cammino. Mi sono trovato in molte delle tue parole, e alcuni concetti li puoi trovare nelle poche righe che seguono, che concludono il libro in cui ho raccolto le mie riflessioni post-Cammino [hai dimenticato di dire che anche lo scrivere libri fa parte delle malattie prese sulla strada..!. 😉 ]. Grazie per avermi fatto pregustare quanto mi aspetta tra poco, e non intendo il salame di Varzi, i canestrelli di Torriglia o la focaccia di Recco!
Santiago, mercoledi 6 agosto 2014
Dopo tanti giorni di cammino ti chiedi
se questo sia veramente l’arrivo.
E in fondo al tuo cuore sai che non lo è.
Perché il Cammino non finisce.
Hai conosciuto tante persone lungo la strada,
e forse un po’ di più anche te stesso.
Ognuno è partito per i motivi più disparati,
coscienti o irrazionali;
ma in fondo tutti alla ricerca di Qualcosa.
E lungo il Cammino comprendi
che il fine della vita non è il trovare,
ma il cercare o, meglio, il lasciarsi trovare,
proprio nei nostri abissi più profondi.
Perché la verità non ci appartiene,
ma è la tensione verso essa
e il suo desiderio
che ci rendono veramente umani.
E forse persone migliori.
Marika
È bellissimo questo commento! Grazie di cuore per averlo condiviso ? inutile dire che la vediamo allo stesso modo. Tienimi aggiornata sul tuo prossimo cammino e gusta quei deliziosi canestrelli per me! Un abbraccio
alexbenax
Ciao Marika, prima di tutto approfitto per dirti che apprezzo molto quello che condividi sul blog o su youtube riguardo al “camino”. Penso che sia un invito, rivolto soprattutto a chi il cammino lo ha già fatto, a riflettere sul senso di quell’esperienza, anche se non sempre tutti arriveranno alle tue stesse conclusioni – soprattutto perché ciascuno fa il suo cammino – ma almeno si inizia a capire che l’importante non è “come sono andato a Santiago” ma “come sono tornato da Santiago”. Non per nulla questo tuo post è tra i più commentati e non in modo banale!
Concordo anch’io con la lettrice che ritiene improprio parlare di depressione, o almeno questa non è stata la mia esperienza: ho provato anch’io un senso di smarrimento, iniziato in realtà già durante il cammino, ma nel constatare quanto fosse deprimente la mia vecchia vita. Quando torni sì, senti un disagio, ma – almeno è stato così per me – non perché non riesci a reintegrarti ma perché non vuoi affatto reintegrarti nella società o meglio, vuoi cambiare quell’integrazione e non sempre sai da che parte cominciare. Per me fare il cammino (che ti costringe all’essenzialità e alla concretezza, a saper accettare gli imprevisti e a non avere sempre tutto sotto controllo, a ritrovare me stesso nella solitudine e ad ascoltarmi, a riscoprire il silenzio per percepire il respiro di Dio) ha significato riaprire gli occhi su me stesso e la mia vita e vedere quanta polvere mi portavo addosso. Inizialmente mi sono sentito smarrito: come mi levo di dosso tutto questo fardello?
Anch’io ho sentito il problema fisico del fermarmi dopo aver camminato 13 giorni da Leon a Santiago, ma ne ho tratto due risultati: il primo è la voglia di fare altri cammini, che ho fatto nei due anni seguenti (Santiago-Muxia-Fisterra, la Via degli Dei BO-FI), l’altro è trasformare l’energia fisica accumulata nel camminare in energia spirituale per cambiare. E proprio per affrontare un cambiamento importante che sto per fare questa estate tornerò sul cammino francese, questa volta facendolo tutto da S. Jean PdP, per “voltare pagina” rileggendo con lucidità la mia vita, scrollandomi di dosso i pesi inutili e poter tornare a casa a fine agosto pronto per ripartire in una vita nuova. Almeno questo è il mio proposito…
Non credo che la “santiaghite” sia una evasione dalla realtà o la necessità di vivere sempre nuove emozioni, ma un periodico confronto della realtà, un giudizio sul valore del mondo in cui vivo per poterne apprezzare di più i pregi e per poterne scovare i difetti che ho sotto gli occhi ma a causa dell’abitudine non riesco a vedere.
Scusa se sono stato lungo, era tanto che volevo scriverti! Buen camino!
Marika
Che bel messaggio che fai passare con questo commento.
Sai come la penso a riguardo, e sinceramente mi ritrovo molto in tutto quello che dici ora come ora. Ma credo che queste tue parole saranno di aiuto a molte persone, quindi ti ringrazio tanto per avermi dedicato del tempo e aver condiviso con noi i tuoi pensieri 🙂 buen camino de la vida
Giulia
Anche un mio amico dopo el Camino si è sentito esattamente così, forse ancora un po’ ci si sente. Ti capisco, da quando lavoro in remoto la sola idea di tornare in ufficio (per fortuna non è nei miei piani!) mi fa star male fisicamente :/
Marika
Siamo un po’ sulla stessa barca eheh
panannablogdiviaggi
Un articolo super interessante, si vede che l’hai scritto di cuore! Non ho mai fatto il cammino, ma posso compararlo a dei viaggi che avevo molto desiderato fare… e poi al sentirsi spiazzati al ritorno!
Marika
Grazie mille 🙂 eh si immagino che la sensazione possa essere molto simile. Che amarezza! Eheh
robisceri
Molto interessante il tuo articolo. In effetti, non avevo mai sentito parlare di depressione post cammino (con tutta la questione delle endorfine). Ho potuto capirlo, però, perché mi capita spesso, dopo un viaggio, di sentirmi giù. Dopo un mese e mezzo passato in California (ti parlo del 2011), tornare a Roma mi sembrò un incubo. Comprensibile, certo. Penso anche, però, che i viaggi e i cammini non debbano diventare droghe senza le quali poi si sta male. Se poi si vuole fare del cammino o del viaggio lo stile di un’intera esistenza, allora è un altro discorso. Magari un giorno ci facciamo un cammino insieme ?
Marika
Purtroppo entrano in gioco altri aspetti rispetto a quelli fisici… e ti mancano una volta tornata alla realtà.
Comunque volentieri per il cammino insieme! !
Sandra
molto bello e vero questo post, credo che ogni grande impresa lasci spiazzati quando finisce. Il cammino è un desiderio che coltivo da molto tempo, ma per ora non è ancora venuto il momento per me di affrontarlo.
Marika
Arriverà al momento giusto 🙂
Stefano
Farò il cammino francese a maggio
Se proverò amche solo la metà delle emozioni che ho provato leggendo le tue parole ….. sarà meraviglioso !!!!!
Grazie
Marika
Grazie a te Stefano! Sono sicura che sarà molto emozionante e se ti va, quando torni, sarò felice di sentire le tue impressioni 🙂 buen camino
oltreleparole
Il cammino è qualcosa che desidero ardentemente di fare, ma sono sicura di non essere pronta al momento e quindi fin quando non saprò di essere almeno un minimo pronta non partirò. Io credo che ognuno di noi porti con se un bagaglio e non è semplice capire come gestirlo, come capirlo. A volte crediamo che alcuni viaggi siano illuminanti nell’immediato, forse invece abbiamo solo bisogno di tempo per far si che le cose semplicemente vadano da sole. Mi hai fatto emozionare e riflettere tantissimo con questo articolo. Ti ringrazio per avermi dato una visione vera di quello che il Cammino comporta e ti mando un fortissimo abbraccio. Credimi, a volte un abbraccio vale più di tante parole! ❤
Marika
Ti credo! E ti ringrazio tanto. Il tuo abbraccio arriva forte e chiaro 🙂 sono sicura che arriverà il tuo momento e sarà incredibile
Anonimo
Personalmente credo che il camminare sia un balsamo per la depressione.
Certo IL ritorno può essere difficile, ma la visione delle cose che ti dà questa esperienza è impagabile.per chi come me ha sognato 40anni di farlo il risultato è una grande forza, una rinnovata fiducia in se stessi e la sensazione che si possa fare tutto.
Marika
Questa è una testimonianza molto preziosa. Grazie 🙂
Anonimo
L’unica cosa brutta del Cammino e’ il ritorno!
Citazione di un amico .
Oppure ..il vero,duro Cammino inizia quando torni .
Citazione di un altro amico?
Confermo tutto quello Che hai scritto , il tuo corpo torna a casa ,ma tu no…?
Marika
Assolutamente d’accordo con il secondo amico 🙂 il vero, duro cammino inizia quando torni!
Anonimo
Cammino o no, dopo un lungo viaggio soprattutto se è quello dei tuoi sogni – fatto da soli lontani da casa ti assicuro che si prova esattamente quello che hai descritto, io l’ho provato e ho provato anche la sensazione di non sapere a chi dirlo o come spiegarlo o spiegarmelo. Chi va in Africa lo chiama mal d’Africa, ma secondo me è la nostalgia dell’Avventura con la A maiuscola. Quella dei sogni sí o comunque lo stare via a lungo ad esplorare il mondo, a mettersi alla prova, a sentirsi fratelli con gli sconosciuti. Cerco sempre di leggere i tuoi post riflessivi perché sono autentici… Un abbraccio
Marika
Grazie mille per quello che hai scritto.
Ovviamente la penso come te, credo che la monotonia sia qualcosa che non ha niente a che fare con la natura dell’essere umano, per fortuna alcuni se ne accorgono in tempo.
Giusto? 😉